La rubrica "Novità editoriali" di Misteri d'Italia è tenuta da Adele Marini, giornalista professionista, specializzata in cronaca nera e giudiziaria, autrice di diversi libri tra cui il noir 'non fiction' Milano, solo andata (Frilli editori, 2005), pubblicato anche in Germania, con cui ha vinto nel 2006 il Premio Azzeccagarbugli per il romanzo poliziesco. Nel 2007, sempre con Frilli, ha pubblicato Naviglio blues, anch'esso tradotto in tedesco. Attualmente è in libreria con l'eBook Arriva la Scientifica (editrice Milanonera), secondo volume della collana Scrivi noir: i fondamentali della scrittura d'indagine dedicata alle procedure investigative e giudiziarie.
"Benedetto XVI lascia il palazzo apostolico su un'auto dai vetri oscurati e priva di insegne, senza scorta e senza avvisare i servizi di sicurezza. Sono i primi giorni di gennaio del 2012, un pomeriggio diverso dagli altri. Il papa non se ne accorge ma è seguito".
Documenti, solo documenti. Un grande giornalista d'inchiesta non gioca con le parole, non rivede le notizie alla luce delle proprie convinzioni, non attenua e non accentua mai nulla. Semplicemente bada ai fatti e si rifà alle carte.
Nel suo libro precedente, Vaticano SpA, Gianluigi Nuzzi, autore di questo libro, aveva aperto una finestra sui misteri delle finanze vaticane prendendo in esame lo sterminato archivio segreto di monsignor Renato Dardozzi, consigliere prima del cardinale Casaroli e poi del segretario di Stato Sodano. Chiamato a sistemare le faccende più spinose della Santa Sede, fra cui, appunto, le movimentazioni di denaro della banca apostolica, monsignor Dardozzi era riuscito a raccogliere, nell'esercizio delle sue funzioni, una mole imponente di documenti bancari dello IOR dalla cui lettura emerge una fitta trama di movimenti oscuri e di operazioni spesso illecite, effettuate con il denaro che, in teoria, avrebbe dovuto provenire da lasciti privati e da introiti per la commemorazione dei defunti ed essere destinato esclusivamente a opere di religione.
In questo nuovo saggio d'indagine, Nuzzi ha letteralmente spalancato il sipario su quanto accade al di là delle Mura Leonine. Questa volta a costituire il corpus dei documenti su cui si basa il nuovo viaggio nelle segrete stanze del pontefice, sono le carte segrete di Benedetto XVI: centinaia di documenti riservati. Cioè tutti gli scritti che il papa riceve ogni mattina e che, dopo la lettura, sono destinati a finire in un archivio supersegreto. Come abbia fatto Nuzzi a impadronirsene, è cronaca di questi giorni: gliele ha consegnate la "gola profonda" Paolo Gabriele, aiutante di camera" della famiglia pontificia, individuato e arrestato dalla Gendarmeria papale. E forse non solo lui.
Lettere top secret indirizzate al Papa e al segretario particolare, padre Georg Ganswein. Documenti riservati e talvolta cifrati su episodi scottanti che ancora fanno parlare le cronache, come la vicenda Boffo, il rapimento di Emanuela Orlandi, l'affaire del San Raffaele. E poi documenti su incontri privati del papa, denunce, lagnanze, insinuazioni, perfino pettegolezzi. Tutta roba che scotta e che mai sarebbe dovuta diventare di dominio pubblico. Per esempio, fra quelle carte c'è anche il fax inviato dall'ex direttore dell'Avvenire, Boffo, al segretario particolare del pontefice, padre Georg. Stando al testo, Boffo sostiene che a montare lo scandalo che lo costrinse alle dimissioni sarebbe stato "il direttore dell'Osservatore Romano, professor Gian Maria Vian, il quale non solo ha materialmente passato il testo della lettera anonima [che lo accusava di essere stato in passato al centro di uno scandalo sessuale, all'ex direttore del Giornale, Vittorio Feltri], ma ha dato ampie assicurazioni che il fatto giudiziario da cui quel foglio prendeva le mosse riguardava una vicenda certa di omosessualità".
Dalla lettura di queste carte, la cui pubblicazione è stranamente contemporanea all'uscita di scena del banchiere Ettore Gotti Tedeschi, il presidente dello Ior sfiduciato dopo nemmeno tre anni di presidenza forse per aver fatto caute aperture relativamente alla trasparenza delle operazioni dell'istituto di credito papale, emergono scenari pieni di ombre sulle quali domina un pontefice circondato da personaggi le cui azioni non sempre hanno avuto e continuano ad avere il bene della cristianità fra le proprie priorità.
Va ricordato che Ettore Gotti Tedeschi, per la sua scelta di collaborare con la magistratura italiana che indaga su operazioni poco limpide dello Ior, nell'ambito dell'indagine sul San Raffaele di Milano, era inviso a diverse autorità vaticane, irritate anche dal fatto che, in nome della trasparenza, il banchiere aveva iniziato a chiudere conti dormienti intestati a prestanome.
Gianluigi Nuzzi
SUA SANTITA'. Le carte segrete di Benedetto XVI.
Chiarelettere, 326 pagine, 13,60 euro anziché 16 su Internetbookshop
"Questo libro non concerne principalmente la Chiesa. Il suo scopo è quello di fornire al lettore uno sguardo complessivo sul modo in cui alcuni Paesi dell'Europa cercano di adattare la loro legislazione alle grandi rivoluzioni degli ultimi decenni: quella dei costumi sessuali e quella biologica o bioetica.
In questo libro, Sergio e Beda Romano affrontano le due grandi rivoluzioni degli ultimi decenni: quella dei costumi sessuali e quella della bioetica.
La prima ha mutato in modo forse irreversibile il rapporto uomo/donna, alterando la struttura o, meglio, dilatando il concetto di famiglia inteso in senso confessionale, mettendone dubbio la sua stessa esistenza. La seconda rivoluzione ha cercato muove risposte ai grandi interrogativi dell'uomo sulle funzioni fondamentali della vita dando alla società umana modi alternativi per nascere, sposare, procreare e morire. Poiché su questi temi non esistono risposte certe e neppure si posso dare giudizi e imperativi assoluti, il saggio offre una panoramica su come gli altri Stati europei hanno adeguato le leggi ai cambiamenti della società.
Da questo confronto appare lampante lo strapotere della Chiesa nel nostro paese. Se, infatti, l'Italia è rimasta ancorata a leggi anacronistiche,addirittura arcaiche, che frenano l'evoluzione e la ricerca scientifica, se i cittadini vengono continuamente logorati dagli scontri dei politici su problemi etici che negli altri Paesi vengono affrontati e risolti con disinvolta sicurezza senza traumi né conflitti con le comunità religiose, è perché la Chiesa che da noi non è un'entità astratta che attiene alle coscienze ma una presenza fisica e ingombrante, è da sempre contraria ai cambiamenti e anche oggi, nel terzo millennio, continua a vivere ogni battaglia etica, scientifica e giuridica come un attentato alla sua stabilità e talvolta alla sua stessa esistenza. Nascono proprio da questo atteggiamento di chiusura quei legacci invisibili ma tenaci e onnipresenti che imbrigliano scienziati, politici, legislatori, operatori sociali e chiunque in qualsiasi modo si trovi ad affrontare temi che configgono con i dogmi e i diktat del Vaticano.
Nella prima parte di questo libro Sergio Romano analizza il tema Stato/Chiesa così com'è stato affrontato dagli altri Stati. La panoramica parte dal Belgio con l'alleanza tra cattolici e liberali, passa in Svizzera con l'apparente guerra di religione del Sonderbund. Esplora il giurisdizionalismo dell'Austria, poi tocca la Francia divisa dall'errore nel caso Dreyfus e unita nella beatificazione di Giovanna d'Arco. Della Germania viene analizzato in particolare il neo paganesimo imposto da Adolf Hitler e recepito dalla nazione intera. Non vengono trascurati nemmeno gli Stati Uniti con particolare riferimento al ruolo diplomatico del vescovo Francis Joseph Spellman.
All'Italia è dedicata una parte molto ampia che analizza i pontificati dI Pio IX, Pio X, Pio XII, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, tocca il sessantotto, la rivoluzione sessuale e infine entra nel vivo di una piaga che continua ad affliggere la Chiesa: la pedofilia. L'autrice, Beda Romano, tratta dei nuovi costumi e della rivoluzione bioetica attraverso interviste. Ma non trascura due aspetti dominanti della nostra società, il mercato e il progredire della scienza. In questo contesto viene narrata la storia di Louise Joy Brown, prima bambina concepita in provetta, e della Cryos International, l'azienda che raccoglie e commercializza il liquido seminale. Attraverso un'intervista al suo fondatore, Ole Schou viene data un'idea delle persone che si rivolgono alla sua società e delle loro motivazioni. Questo è un libro importante che alla complessità degli argomenti contrappone la chiarezza e concisione dello stile
Sergio Romano e Beda Romano
LA CHIESA CONTRO. Dalla sessualità all'eutanasia, tutti i no all'Europa moderna
Longanesi, 250 pagine, 14,11 anziché 16,60 su internet bookshop
"Gli occhi piccoli e infossati del capomafia mandavano lampi di rabbia. «E' tempo di muoversi…» sussurrò Salvatore Riina detto 'la Bestia.
Seduto dietro a un rozzo tavolo di legno, il capo dei capi fissò i quattro luogotenenti ritti in piedi davanti a lui".
Esattamente vent'anni fa l'Italia viveva la stagione delle stragi. Anzitutto, Capaci dove persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Poi, 57 giorni dopo, via d'Amelio, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino con gli agenti di scorta Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'anno che seguì, il 1993, fu anch'esso insanguinato da esplosioni a ripetizione: 14 maggio, via Fauro a Roma: nessuna vittima ma 23 feriti; 27 maggio, Firenze, via dei Georgofili: cinque morti, molti feriti e danni incalcolabili al patrimonio artistico; notte tra il 27 e il 28 maggio via Palestro a Milano: cinque morti e danni al P.A.C,, Roma, basiliche di San Giovanni e di San Giorgio al Velabro: nessuna vittima ma danni alle strutture architettoniche. 31 ottobre, Roma, stadio Olimpico: nessuna vittima ma soltanto perché il meccanismo elettronico che avrebbe dovuto provocare l'esplosione non funzionò altrimenti sarebbe stata una strage di carabinieri. Quello dello stadio Olimpico fu l'ultimo attentato. Dopo si instaurò la pax mafiosa.
Oggi, stando alle recenti inchieste, sembra che la strage di Capaci fosse la risposta dei corleonesi di Riina alla sentenza della Cassazione che aveva confermato le condanne ai boss imputati nel maxiprocesso. Quanto alla strage di via d'Amelio, il suo significato sembrerebbe molto più ambiguo perché lascia intravedere una convergenza d'interessi fra malavita organizzata, politica e istituzioni. Le stragi successive, infine, parrebbe fossero progettate e messe a segno per accelerare la capitolazione delle istituzioni alle richieste contenute nel 'papello' di Totò Riina. Ma la verità è davvero questa? O, meglio, è solo questa?
Dopo le stragi del '92 una folla di giornalisti italiani e stranieri invase Palermo. Fra loro c'era l'autore di questo libro, allora corrispondente da Roma, prima per la Reuters e poi per il Sunday Times. Follain aveva conosciuto Falcone, lo aveva incontrato e raccontato in diverse interviste. Conosceva la realtà della procura di Palermo all'epoca dei fatti. Era un esperto in materia di mafia. In questo saggio d'indagine fornisce una visione d'insieme di quegli episodi, descrivendo nel dettaglio la progettazione e la realizzazione degli attentati. Basandosi su nuove ed esclusive interviste, su testimonianze di investigatori, di pentiti, di sopravvissuti, di parenti e amici delle vittime, di colleghi mai sentiti dagli investigatori, mette a punto un racconto inedito, asettico, lucido, preciso di quei 57 giorni dei mille perché e lo fa da cronista qual è: interessato unicamente alla verità, umanamente partecipe ma non coinvolto, assolutamente non asservito alla politica malata del nostro Paese.
John Follain
I 57 GIORNI CHE HANNO SCONVOLTO L'ITALIA. Perché Falcone e Borsellino dovevano morire? La storia vera
Newton Compton editori, 309 pagine, 8,42 euro anziché 9,90 su internet bookshop
"Era una tipica giornata inglese di novembre: nubi basse, pioggerella, otto gradi. Come tante altre volte avevo preso la District Line ero sceso a Kew Gardens, nella pittoresca stazione a sudovest di Londra, e mi ero diretto verso l'archivio di stato britannico, pronto a inabissarmi tra i documenti".
Durante la seconda guerra mondiale gli Alleati intercettarono sistematicamente le conversazioni di migliaia di prigionieri tedeschi mentre parlavano fra loro raccontandosi le atrocità commesse non soltanto sul fronte di guerra, ma soprattutto contro i civili nelle zone occupate. Queste intercettazioni, registrate su vinile e trascritte, riempiono 150.000 pagine di verbali che rimasero chiusi negli archivi di stato di Londra e Washington, secretati fino al 1996, anno in cui furono resi pubblici. Nessuno però, a dispetto del valore storico di quelle conversazioni fra soldati e ufficiali ignari di essere ascoltati da microspie e soprattutto all'oscuro della piega che avrebbero preso gli eventi, chiese di consultarli fino all'autunno 2001, quando lo storico tedesco Sönke Neitzel, visiting professor all'università di Glalsgow, decise di approfittare di una visita a Londra per soddisfare una curiosità. Aveva letto nel libro Operaton Drumbeat (Operazione tamburo) di Michael Gannon alcuni stralci di conversazioni fra sommergibilisti tedeschi risalenti al maggio 1943 e desiderava approfondire. Il professor Neitzel sapeva che i prigionieri tedeschi nei campi erano stati intercettati, ma quando si trovò fra le mani un corposo faldone contenente le trascrizioni restò di sasso. Ed erano solo le intercettazioni di un mese! In seguito scoprì che esistevano faldoni per ogni mese fino alla fine del conflitto. Al professore bastò scorrere rapidamente poche pagine per comprendere il valore storico di quelle fonti e l'importanza della scoperta. Decise che quelle conversazioni andavano analizzate e valutate anche da un esperto e si rivolse allo psicologo sociale Harald Welzer. Insieme, i due ricercatori hanno analizzando ogni frase, inquadrandola nella 'cornice di riferimento', cioè nel contesto socio storico. Il risultato è una straordinaria documentazione su quell'orrore che fu l'indottrinamento di massa sotto il Terzo Reich: un crescendo di brutale disumanità che la storia ha avuto troppa fretta di archiviare.
Ignorando di essere ascoltati, soldati e ufficiali parlano liberamente, vantandosi della gelida spietatezza applicata nei confronti dei civili. Ecco un esempio illuminante: «In Italia, in ogni posto dove arrivavamo, il tenente diceva sempre: "Per prima cosa facciamone fuori qualcuno! Fatene fuori venti, così avremo un po' di calma, che non si facciano strane idee!".» (Dall'intercettazione di una conversazione del 19 dicembre 1944).
Inoltre, rivelano segreti militari e dettagli tattici, discutono di armi e di operazioni strategiche. Esprimono opinioni personali su Hitler e il suo entourage, sui nemici, sugli ex alleati, sulle SS, sullo sterminio degli ebrei. Ma la cosa più difficile da accettare è il sentimento di soddisfazione, il piacere che manifestano ricordando azioni di sterminio.
Soldaten è un libro duro che riapre ferite, ma è anche il documento che mancava per sfatare il mito del bravo soldato Fritz costretto a eseguire ordini che gli ripugnano. Senza contare che permette di comprendere l'efficacia di un indottrinamento che ha distrutto la coscienza di due generazioni di tedeschi.
Sönke Neitzel e Harald Welzer
SOLDATEN. Combattere, uccidere, morire. Le intercettazioni dei militari tedeschi prigionieri degli Alleati
Garzanti, 463 pagine, 20,82 euro anziché 24,50 su internetbookshop.
«Favorisca libretto e patente, per cortesia».
Chino verso il finestrino il giovane poliziotto accenna un saluto. Luciano Lutring ricambia guardandolo negli occhi. Poi sistema gli occhiali sul naso e si mette a scartabellare nel vano portaoggetti. «Solo un momento», farfuglia.
Sua madre lo voleva violinista e lui in un certo senso l'ha accontentata perché proprio il violino l'ha proiettato nella storia. Non della musica, ma della malavita.
Luciano Lutring, fra gli anni Cinquanta e i primi Settanta, fu un grande artista della rapina. Una leggenda vivente per il suo stile personalissimo e spericolato di ripulire banche, gioiellerie e pelliccerie senza sparare un colpo.
La sua carriera di Pericolo pubblico numero uno cominciò per caso. Il giovane Lutring, madre milanese e padre ungherese, si era comprato una pistola, una vecchia Smith & Wesson che era stata in dotazione ai ranger canadesi ma non sparava perché in commercio non si trovavano più proiettili compatibili. Per fare l'Americano se la portava infilata nella cintura. Poi accadde che, come racconta lui stesso nel libro: "Un giorno mia zia mi chiese di andare a pagare una bolletta alle poste. Io andai. Ma l'impiegato era lento e detti un pugno sul bancone. Nel movimento si vide la finta pistola che portavo sotto la cintura. L'impiegato credette che fosse una rapina e mi consegnò i soldi. Io pensai: "È così facile?". E me ne andai col bottino."
Ecco, quella fu la sua prima inconsapevole rapina. Da lì a prendersi tutto quello che voleva, semplicemente facendo credere che dentro alla custodia del violino che portava sempre con sé ci fosse un mitra al posto dello strumento, il passo fu breve. Lutring per un po', per le questure e per il pubblico, fu 'il violinista'. Ancora oggi racconta ridendo che i cassieri preparavano i soldi in contante appena lo vedevano spuntare e glieli consegnavano senza aspettare che li chiedesse. Il soprannome 'solista del mitra', diventato negli anni un marchio di fabbrica, anzi, un brand come dice lui, sempre attento alle mode del momento, glielo cucì addosso con un vero lampo di genio il giornalista del Corriere Franco Di Bella e Lutring ne va fiero. La sua faccia dai tratti zingareschi si illumina quando allude a se stesso con quella definizione.
Un uomo geniale, furbo, irresistibilmente simpatico, dotato di un grande senso dell'umorismo, autoironico e guascone. Lutring rappresenta quella malavita che nessuno rimpiange ma che, al confronto con quella assassina che ne ha preso il posto dagli anni Settanta in poi, sembra avere per protagonisti ragazzacci dell'oratorio, ingordi, spericolati, scansafatiche, amanti della bella vita e dei casino, ma in fondo non cattivi, rispettosi della vita altrui e capaci perfino di gesti nobili.
E' un romanzo la vita di Luciano Lutring, ex bandito romantico oggi apprezzato artista di paesaggi. A raccontarla è la penna leggera e garbatamente ironica di Andrea Villani che fra un bicchierino di grappa e un sigaro ha raccolto le sue confidenze e, mettendole sulla carta, le ha sicuramente ingentilite un po' senza alterane la sostanza, dando vita all'affresco straordinario di un'Italia allegramente ladresca ma senza cattiveria. Avida ma non ingorda. Spregiudicata ma non crudele Un'Italia nella quale i confini che dividevano guardie e ladri erano sempre chiari. Proprio come lo erano le regole del gioco che nessuno allora si sarebbe sognato di truccare.
Andrea Villani
LUCIANO LUTRING. La vera storia del solista del mitra
Mursia, 168 pagine, euro 13,50 anziché 15,00 su internetbookshop
"Cacciavo le lucertole con dei lunghi fili d'erba. Ne prendevo uno, sulla punta legavo un cappio; poi mi sdraiavo e rimanevo immobile, aspettando che la lucertola si avvicinasse e soprattutto che si abituasse a me, alla mia presenza".
Questa è la storia vera e parecchio misteriosa di un italiano di origine cilena, adottato a sei anni da una coppia di italiani che lo hanno portato con sé a Milano strappandolo a una vita di miseria e di sofferenze inimmaginabili per chi è nato e cresciuto in Occidente.
Manuel, nato nel 1976 a Sant'Elena, uno sperduto villaggio del Cile, a cinque anni vagava come un piccolo fantasma irrequieto nella parte del villaggio riservata ai campesinos, rigorosamente separata dalla zona in cui sorgevano le ville dei ricchi latifondisti. Non possedeva nulla oltre alla maglietta e ai calzoncini che indossava. Non sapeva cosa fossero le scarpe. Era denutrito, rachitico, sporco e trascurato. E così affamato di affetto e di attenzioni, oltre che di cibo, che chiamava mi abuelito (nonnino) il contadino dal carattere irascibile e violento con cui viveva. L'uomo, abbrutito dall'alcol, forse era davvero suo nonno o forse no, però di sicuro gli aveva ammazzato con un calcio la madre quando lui aveva tre anni.
Nessuno a Sant'Elena badava a Manuel, né in casa né in paese. Sicuramente molti conoscevano il mistero che si celava dietro alla sua nascita e forse proprio per questo nessuno si curava di lui e gli dava cibo sufficiente per sopravvivere. Per resistere agli assalti della fame, il bambino era costretto a esplorare ogni giorno il bosco in cerca di more, di lamponi e di bacche commestibili e da queste scorribande era nato in lui, povero di tutto ma straordinariamente ricco di immaginazione, un forte legame con la natura e con tutte le misteriose creature della foresta. Un giorno, dopo aver ricevuto l'ennesima dose di frustate, Manuel decise che il bosco sarebbe stato per sempre la sua casa, gli alberi i suoi fratelli e gli uccelli i suoi compagni di gioco. Se ne andò dal villaggio e per più di un anno visse come Mowgli. Ma la natura non è così benevola come lui immaginava che fosse. Il freddo e le malattie rischiarono di ucciderlo e Manuel dovette arrendersi. Tornò a casa in condizioni di salute indescrivibili. Il nonno, ritrovandoselo davanti, decise di chiamare i carabineros per liberarsi definitivamente di lui.
Oggi Manuel vive a Milano e porta il cognome dei genitori italiani. E' un professionista affermato e la sua storia, raccontata tramite l'amico Foa, è un invito a non perdere mai la speranza perché, sostiene: "La vita riserva a tutti almeno una chance e se ce l'ho fatta io, può davvero farcela chiunque." Questo è davvero un bel libro, pieno di poesia e di disperazione ma anche di speranza.
Marcello Foa con Manuel Antonio Bragonzi
IL BAMBINO INVISIBILE. Una sensazionale storia ver
Piemme, 277 pagine, euro 14,02 anziché 16,50 su internerbookshop
"E' Lassù. Nella mia vita è sempre stato davanti a me. Quando ero bambino, e alzavo lo sguardo dall'uscio della porta di casa a prevedere quando sarebbe andato via il sole, nell'estate feroce di tanti pomeriggi, e sarei potuto correre a giocare a pallone in piazzetta con i miei amici senza sentire i rimprovero di mio padre: "Catello non si esce con questo caldo".
La vicenda di Angela Celentano è uno dei misteri che hanno tenuto l'Italia col fiato sospesa per mesi, anni. E che più il tempo passa, più s'infittisce.
Sono tanti i bambini che scompaiono ogni anno nel nostro paese. Fortunatamente per la maggior parte sono vittime di sequestri familiari, messi a segno da un genitore in guerra con l'altro e quindi raramente la loro incolumità fisica è a rischio. Molti minori sono invece vittime della rapacità degli adulti. Sono merce pregiata da vendere ai trafficanti di organi e a chi ha interessi nella pedopornografia, il grande business del terzo millennio. Molto più raramente i bambini vengono rapiti, talvolta con la complicità dei parenti, di amici di famiglia, per essere ceduti a coppie che desiderano un figlio e lo vogliono subito, saltando tutti i passaggi previsti dalla legge per adottare legalmente. Di quasi tutti i minori scomparsi alla fine si riesce a sapere qualcosa. Magari le notizie non sono sufficienti per riportarli a casa vivi o morti, ma almeno permettono di fare ipotesi. Di Angela Celentano dopo sedici anni non si sa niente.
Angela è scomparsa sul monte Faito, una cima dei monti Lattari alle spalle di Vico Equense, il 10 agosto 1996, durante un picnic organizzato dal gruppo religioso a cui appartengono i suoi genitori. Era un momento festoso. Tutti stavano pranzando. Angela aveva già mangiato e giocava sul prato con altri bambini e le sorelline. Questione di un attimo: il padre si è mosso per prendere un panino e quando si è girato per chiedere alla figlia se volesse qualcosa, lei non c'era più.
Catello e Maria Celentano, che tutta l'Italia ha visto lanciare appelli disperati in tivù, hanno rotto il silenzio scrivendo un libro sulla vicenda che ha cambiato la loro vita. Il regalo di Angela è un racconto a due voci che ripercorre l'incubo minuto per minuto. E' un documento straziante che però aggiunge mistero a mistero perché stranamente non fa alcun accenno agli ultimi sviluppi della vicenda. E per questo alla fine suona un po' finto.
I fatti risalgono all'anno scorso, quando Vincenza Trentinella, direttrice generale della Onlus "Amici del risveglio", che si occupa di fornire assistenza alle persone in coma, si mise in contatto con la famiglia Celentano sostenendo di sapere con sicurezza che Angela è viva. A suo dire, avrebbe raccolto la confidenza di un personaggio di alto profilo istituzionale, oggi deceduto, il quale le avrebbe rivelato che la bambina quel 10 agosto venne fatta rapire dalla camorra con la complicità di qualcuno che era presente al picnic, forse un ragazzino. Angela sarebbe stata accompagnata lungo un sentiero fino a un punto prefissato e lì sarebbe stata presa in consegna da chi poi l'avrebbe portata via in macchina. Il sequestro sarebbe stato organizzato per conto di un ricco signore residente in Turchia, un uomo molto potente, che l'avrebbe adottata. Sulle dichiarazioni della signora Trentinella la Dda di Napoli avrebbe aperto un fascicolo che a quanto pare non è ancora stato chiuso. Vincenza Trentinella, che sarebbe stata interrogata anche dai Ros, sostiene di essere andata in Turchia a cercare Angela. Seguendo le indicazioni della persona dalla quale dice di aver ricevuto l'imput. Avrebbe trovato la ragazza e l'avrebbe anche fotografata.
La foto, visibile anche in Internet, ritrae una ragazza sui diciannove anni, l'età che avrebbe oggi la piccola Celentano e per la verità è molto somigliante al ritratto ottenuto con l'invecchiamento digitale fatto dall'Fbi.
Di questo inaspettato risvolto della vicenda i genitori di Angela non vogliono parlare. Sicuramente stanchi di inseguire fantasmi e false segnalazioni, hanno denunciato la signora Trentinella e nel libro non fanno il minimo accenno alle sue rivelazioni, fosse pure per dire che si tratta dell'ennesimo falso avvistamento. E in questo modo, certo inconsapevolmente, contribuiscono a infittire il mistero.
Catello e Maria Celentano
IL REGALO DI ANGELA. La fede ci ha ridato la speranza
Piemme, 217 pagine, euro 12,75 anziché 15,00 su internetbookshop
"I problemi dell'Italia sono davvero solo economici e quindi risolvibili solo nell'ambito dell'economia, o sono molto più radicati, più profondi, più antichi, e quindi da individuare nell'antropologia dell'italiano, fortemente individualista e per nulla sensibile alla dimensione sociale, che guarda allo Stato come a un'entità separata e alle sue leggi come a dispositivi da cui difendersi con le strategie dell'elusione, dell'evasione, dell'esportazione illecita dei capitali della corruzione e al limite con pratiche mafiose?"
«Mi pare evidente che l'imperativo di far funzionare la giustizia nel rispetto dell'articolo 3 della Costituzione [tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge], che in Mani pulite, così come in qualsiasi altra indagine, abbiamo cercato di attuare, non si sia realizzato. Tra prescrizioni e leggi cambiate, alla fine il risultato processuale è stato molto limitato e si è riaffermato il senso d'impunità che esisteva prima dell'inizio delle indagini e che già avevo sperimentato nella mia precedente esperienza».
Sono amare le parole pronunciate da Gherardo Colombo, uno dei protagonisti di quella stagione di inchieste e processi che avrebbe dovuto far pulizia nella classe politica e imprenditoriale del nostro Paese. In questo libro, nato da una lunga chiacchierata con l'economista Franco Marzoli, suo compagno di Università e amico fraterno, l'ex magistrato analizza con distacco e lucidità, a vent'anni di distanza, i retroscena delle indagini di Mani Pulite, gli effetti sulla politica e sulla società civile, i limiti e le aspettative mancate di quella stagione di inchieste che, bisogna dirlo, spazzò l'Italia come un vento di tramontana, furioso eppure incapace di spegnere i focolai della corruzione.
Gherardo Colombo, dopo aver partecipato alle inchieste più scottanti degli anni fra il 1989 e il 2005, fra cui quella che portò alla scoperta della loggia P2, il delitto Ambrosoli, i fondi neri dell'IRI, l'istruzione dei processi Imi-Sir, Lodo Mondadori e Sme, arrivato all'apice della carriera ha lasciato la toga di giudice di Cassazione per lanciarsi in una grande missione: insegnare la legalità ai ragazzi delle scuole di tutta Italia.
Per chi è troppo giovane per sapere cosa fu davvero Mani pulite e quali furono gli effetti delle inchieste sulla società civile e sulla classe politica della prima Repubblica, vale la pena di ricordare che tutto è cominciato nel 1992 con l'arresto in flagranza di reato del presidente del Pio Albergo Trivulzio, il socialista craxiano Mario Chiresa, sorpreso a intascare la mazzetta che aveva richiesto per concedere un appalto. Quell'episodio, tutto sommato marginale, accese i riflettori su quella che in realtà era una pratica diffusa e consolidata: la creazione, da parte delle aziende, di fondi neri da distribuire ai 'cassieri' dei partiti ma anche a politici corrotti in cambio di appalti e favori. Risultato: illegalità diffusa a tutti i livelli, economia strangolata, concorrenza azzerata, elezioni truccate. Dopo l'arresto di Chiesa, grazie al meccanismo della chiamata in correità venne alla luce l'intero sistema su cui si reggevano classe politica e imprenditoriale: corruzione, concussione, finanziamento illecito ai partiti, collusioni, falsi in bilancio, trasferimenti di capitali all'estero e molto altro ancora. Finirono sul banco degli imputati ministri, deputati, senatori, imprenditori. Per la prima volta si parlò di 'collettori' e 'cassieri ' dalle cui mani e sui cui conti bancari transitavano miliardi esentasse. Il 1992 era un anno di crisi nera per la nostra economia. Il pool di magistrati della procura della Repubblica guidato dal procuratore capo Francesco Saverio Borrelli e dal suo vice Gerardo D'Ambrosio, composto da Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Antonio Di Pietro, Francesco Greco, Tiziana Parenti e Ilda Boccassini, smascherò reati che suscitarono una grande indignazione. Partiti storici come la Dc, il Psi, il Pli, il Psdi furono spazzati via mentre si facevano spazio movimenti demagogici come la Lega e Forza Italia.
Ora, a distanza di vent'anni, attraverso un dialogo serrato con Franco Marzoli, Gherardo Colombo svela i retroscena di quelle indagini sottolineandone effetti, limiti e aspettative mancate. Ma Mani Pulite è solo un frammento della storia che l'ex magistrato racconta. Incalzato dalle domande di Marzoli, parla anche delle inchieste sulla P2; di quelle che portarono alla scoperta dei fondi neri dell'Iri, preludio a quell'intreccio tra poteri e collusioni che non si è mai sciolto e oggi è più forte che mai; ripercorre le accuse mosse all'indagine dalla classe politica, chiusa a riccio nella difesa dei propri privilegi; ricorda le polemiche su un supposto abuso della custodia cautelare che, ben orchestrate e amplificate dai media, finirono per far girare il vento dell'indignazione popolare verso chi smascherava ladri e corruttori, sia pure con troppo zelo.
In questo libro, Gherardo Colombo non dà giudizi sulla stagione di 'rinascita della coscienza' di cui è stato uno dei protagonisti. Non discetta su quello che sarebbe potuto essere e non è stato. Non giustifica gli errori politici e gli eccessi giudiziari se mai ci furono. Semplicemente si limita a esporre i fatti e a spiegare il perché di certe decisioni, giuste o sbagliate, prese comunque in buona fede. Le conclusioni ciascuno può trarle da sé e non sono rassicuranti perché grazie a un colpo di spugna ben assestato l'Italia perse l'occasione di risvegliare la coscienza civile per dare davvero una chance all'articolo 3 della Costituzione che oggi, dopo vent'anni, è ancora più lontano dall'essere applicato.
Gherardo Colombo con Franco Marzoli
FARLA FRANCA. La legge è uguale per tutti?
Longanesi, 286 pagine 286, euro 11,82 anziché 13,90 su internetbookshop. Il libro è disponibile anche in edizione digitale.
"Ho deciso di scrivere questo volume dopo aver assistito, negli ultimi mesi, alla realizzazione del piano di distruzione del nostro Paese e dell'Europa tutta. La crisi finanziaria scoppiata nell'autunno 2008 ha sancito il successo di coloro che ne sono stati gli artefici. In Italia e Grecia sono andati al potere tecnocrati e banchieri, gli stessi che, fino al giorno prima, hanno lavorato per le istituzioni responsabili del crollo dell'economia".
"Ai vertici dei governi europei, delle istituzioni internazionali, dell'Unione europea (un "super Leviatano"), siedono i referenti delle banche e della finanza ai quali una classe politica incapace e inadeguata ha affidato le speranze di ripresa. Non possiamo illuderci che coloro che hanno appiccato l'incendio si trasformino improvvisamente in pompieri. […] Coloro che non sono stati scelti dai cittadini sono nelle stanze del potere nazionale […] e da lì continuano a perseguire le politiche di impoverimento di 720 milioni di europei, con l'unico scopo di trasformare l'Europa in un immenso lager di schiavi moderni: tagli, flessibilità, liberalizzazioni, privatizzazioni, queste le "ricette" per raggiungere falsi obiettivi: la riduzione del deficit ed il pareggio di bilancio (tecnicamente impossibile). Con la "privatizzazione" (svendita) delle ultime società pubbliche completeranno il disegno, raggiungendo l'obiettivo di distruzione degli Stati e della privazione dei più elementari diritti di cittadinanza […]. Sono politici, banchieri, economisti, editori. Controllano i media e attraverso essi ci tranquillizzano […] ma stiamo assistendo impotenti alla distruzione della civiltà europea. " (Dall'introduzione dell'autore)
Chi meglio dello stesso Marco Marsili, giornalista, docente universitario e analista politico, avrebbe potuto introdurre alla lettura di un saggio che finalmente fa luce su concetti abusati dai media ma sconosciuti ai cittadini nel loro vero significato? Quali sono i meccanismi di fabbricazione del denaro? Come si crea il debito pubblico? Cos'e' il signoraggio? Come funziona il sistema bancario? Chi sono i veri responsabili della crisi? A chi interessano veramente le fluttuazioni dello spread? Bond, banche d'affari, titoli tossici, agenzie di rating… quanti cittadini conoscono il significato di queste 'etichette' e cosa hanno a che fare con la vita quotidiana?
Chi sono Mario Monti e gli uomini dell'esecutivo che, come lui, fanno parte del potente Gruppo Bilderberg e della Commissione Trilaterale di David Rockefeller, vero "governo mondiale" della finanza globale? Sono le domande a cui questo libro risponde finalmente in modo chiaro e comprensibile, sfatando convinzioni approssimative se non del tutto errate.
Marco Marsili
ITALIA SVEGLIATI! La più grande truffa del secolo
«Chi cerca rimedi economici a problemi economici è su falsa strada; la quale non può che condurre se non al precipizio. Il problema economico è l'aspetto e la conseguenza di un più ampio problema spirituale e morale.» Ne era convinto Luigi Einaudi, non certo un profeta della fine del mercato. E l'Italia? Di fronte ai grandi cambiamenti in corso, saprà far tesoro della sua lezione?
In quest'Italia che da quando si è scoperta in crisi non fa che parlare di crescita zero, di disuguaglianze sociali, di corruzione, tangenti, esodati, recessione… c'è chi una soluzione per uscire dalla palude vischiosa delle parole senza costrutto, del pessimismo a fondo perduto e della speculazione verbale la sta attuando da tempo. Ovviamente si tratta di una soluzione lontana dalle strade percorse fino a oggi, che si lascia alle spalle la logica dei mercati intesi come Grande Moloch che richiede vite umane in cambio di ambigui oracoli chiamati indici di Borsa, spread, rating.
Questa soluzione ha un nome affascinante: green economy.
"Quella della green economy è la via che può cambiare l'Italia. E' un'idea di futuro per l'economia, la società, la politica. Ed è una prospettiva credibile per superare la crisi".
Ad affermarlo è Ermete Realacci, ambientalista e parlamentare del Pd, presidente onorario di Legambiente, autore di questa inchiesta controcorrente che finalmente guarda al futuro con tenace ottimismo. In 336 pagine spiega quale sia la via italiana all'economia verde e lo fa raccontando la storia degli italiani che questa via la stanno già percorrendo essendo riusciti ad attuare un'alleanza tra imprese e comunità, tra ambiente e nuovi stili di vita. La forza di questo libro sta nel fatto di non perdersi in aridi grafici, in cifre e in statistiche, ma nel raccontare la storia degli uomini e delle donne che con coraggio hanno distolto gli occhi dagli indici di borsa per concentrarsi sul benessere delle persone e dell'ambiente. Venticinque scommesse vinte, come quella del consorzio dell'Olio Igt diventato un network di produttori che esporta in tutto il modo olio toscano il cui marchio è sinonimo di qualità, tracciabilità, tutela dei consumatori giusto, reddito per i produttori. Come quella della Power One di Terranova Bracciolini nel Valdarno, diventata dal nulla la seconda azienda al mondo nel settore degli inverter fotovoltaici, che esporta il 50% dei prodotti e copre il 15% del mercato globale. Quella di un gruppo di giovani informatici pisani che partendo da una minuscola srl sono riusciti a rivoluzionare la vita di decine di malati inventandosi il Win-pack, il "medico (virtuale) in tasca": un sistema di monitoraggio sanitario a distanza che ha letteralmente rivoluzionato la telemedicina. E che dire di quel viticoltore di Montepulciano che genialmente ha dato vita a un vino green prodotto e imbottigliato a impatto zero?
Venticinque storie grandi e piccine, tutte ugualmente vincenti, che dimostrano come la green economy nel nostro paese sia già una realtà vivace anche se i media si ostinano a considerarla in po' la parente povera della ripresa economica, ritenendola legata esclusivamente al risparmio energetico, alle fonti rinnovabili, al riciclo dei rifiuti: cose ottime e salutari ma non abbastanza remunerative per risultare economicamente interessanti.
Ebbene, stando all'inchiesta di Realacci è ora di aprire gli occhi: il futuro delle nuove generazioni è legato a quello dell'ambiente in cui dovranno vivere e non è così nero come gli economisti si ostinano a dipingerlo. Lavoro, benessere e stabilità economica si possono creare, a patto però di dimenticare le speculazioni finanziarie e puntare sulla riconversione ecosostenibile dell'industria italiana. In tutto il paese ci sono moltissime imprese che già lo stanno facendo con successo (26.140 nella sola Toscana!) perché non voltare pagina e seguire il loro esempio?
Ermete Realacci
GREEN ITALY. Perché ce la possiamo fare.
Prefazione di Ivan Lo Bello e Postfazione di Alberto Meomartini
Chiarelettere, 336 pagine, euro 12,75 anziché 15,00 su internetbookshop.