La rubrica "Novità editoriali" di Misteri d'Italia è tenuta da Adele Marini, giornalista professionista, specializzata in cronaca nera e giudiziaria, autrice di diversi libri tra cui il noir 'non fiction' Milano, solo andata (Frilli editori, 2005), pubblicato anche in Germania, con cui ha vinto nel 2006 il Premio Azzeccagarbugli per il romanzo poliziesco. Nel 2007, sempre con Frilli, ha pubblicato Naviglio blues, anch'esso tradotto in tedesco. Attualmente è in libreria con l'eBook Arriva la Scientifica (editrice Milanonera), secondo volume della collana Scrivi noir: i fondamentali della scrittura d'indagine dedicata alle procedure investigative e giudiziarie.
Se Bob Kennedy non fosse stato ammazzato il 5 giugno del 1968, sarebbe diventato di lì a pochi mesi il presidente degli Stati Uniti e avrebbe varcato la soglia della Casa Bianca portando con sé il dossier con la verità sulla morte del fratello. E’ la tesi di fondo di questo libro che per verità intende quella inutilmente inseguita dal procuratore distrettuale Jim Garrison che non fu mai neppure sfiorata. La Commissione Warren infatti mise la parola fine all’inchiesta lasciando che dubbi, sospetti, supposizioni, contro verità si trascinassero per oltre quarant’anni e dessero vita a un’infinità di libri-inchiesta, film, romanzi e ricostruzioni più o meno fantasiose.
Questo libro, curato e introdotto da Stefania Limiti, che include anche un’intervista a William Turner, uno dei collaboratori più fidati del giudice Jim Garrison, si distingue nettamente dai molti altri libri dedicati ai fatti di Dallas perché rivela con nomi e cognomi i componenti del misterioso Comitato composto da finanzieri, magnati dei grandi monopoli, miliardari texani, mafiosi che collaborarono per ammazzare il presidente e, in seguito, per far fuori tutti i possibili testimoni. E, infatti, Il complotto non è un libro qualunque. E’ il dossier della controinchiesta segreta voluta dai Kennedy che, a quanto pare, non si fidavano delle massime istituzioni del loro Paese e per questo affidarono le indagini ai servizi segreti sovietici e a quelli francesi.
Il libro ha una storia editoriale quasi incredibile. Firmato con lo pseudonimo James Hepburn, è stato pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti e in Francia rispettivamente con i titoli Farewell America: the plot to kill JFK e L’Amérique brûle da case editrici sconosciute. Negli USA scomparve rapidamente dagli scaffali. In Francia divenne un best seller ma, dopo il botto iniziale, cadde nel silenzio. In Italia il libro fece una fugace comparsa nel ’68 col titolo L’America brucia, pubblicato da un’oscura casa editrice, l’Albra, che, stando al giornalista Saverio Tutino, avrebbe avuto l’input e il finanziamento da Giovanni Agnelli, grande amico del presidente assassinato e quindi interessato a smuovere le acque attorno alla sua morte. Solo poche copie che non rimasero a lungo sugli scaffali. Da un giorno all’altro il libro divenne introvabile.
Scrive il quotidiano tedesco Bild: “il libro era esplosivo come una bomba. Uscì in Canada, Belgio, Liechtenstein: ma non fu mai letto, perché l’Fbi dappertutto si attivò per comprare quasi tutte le copie stampate …”
Ora il libro è nuovamente in giro e anche se i tempi sono cambiati è meglio che chi è interessato a quello che continua a essere il padre di tutti i misteri americani si affretti.
James Hepburn
IL COMPLOTTO. La controinchiesta segreta dei Kennedy sull'omicidiodi JFK
Introduzione di Stefania Limiti e postfazione di Paolo Cucchiarelli
Nutrimenti, pagine 271
14,03 euro anziché 16,50 su Internetbookshop
Non è un facile costruire un thriller su un pezzo della nostra storia così doloroso e recente che sia le ferite sia le inchieste sono ancora aperte. Occorrono sensibilità, padronanza del mezzo narrativo, uno stile sicuro e una robusta documentazione.
Patrick Fogli, scrittore e Ferruccio Pinotti, giornalista, ci sono riusciti magnificamente utilizzando, con rara perizia, uno strumento letterario difficile da maneggiare e spesso abusato: quello del protagonista-io narrante inventato attorno al quale viene tessuta, punto dopo punto come si faceva un tempo con gli arazzi, una delle vicende più complesse e ambigue del nostro passato prossimo.
Al centro della narrazione c’è la strage di via d’Amelio.
Come è ormai noto, grazie alle rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza, la morte di Paolo Borsellino è lo spartiacque fra il prima e il dopo la trattativa dello Stato con Cosa nostra.
Prima ci sono state le stragi.
Dopo, il silenzio che ha sigillato la pax mafiosa.
Paolo Borsellino è stato l’ultimo magistrato a essere assassinato dalla mafia. Un massacro che, incredibilmente, sembrò avere quasi subito dei colpevoli. Infatti, una falsa soffiata indicò la pista per arrivare a un mafiosetto di quartiere, tale Vincenzo Scarantino, che finì per autoaccusarsi e fare i nomi di sette complici : Salvatore Profeta, Cosimo Vernengo, Giuseppe Urso, Giuseppe La Mattina, Natale Gambino, Gaetano Murana e Gaetano Scotto che furono condannati all’ergastolo. Per rendere credibile la confessione, Scarantino mescolò un sacco di menzogne a molte verità che trovarono riscontro nelle indagini e il caso fu chiuso. Evviva!
Peccato che le cose non stessero come si volle far credere. La soffiata, la confessione del falso pentito, i riscontri: tutto falso. Un colossale depistaggio durato 15 anni prima che, grazie alle confessione di pentiti veri come Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina, si cominciasse a intravedere la verità vera.
Il romanzo di Fogli&Pinotti non cambia una virgola alla realtà. Si limita a farla emergere a poco a poco da quel guazzabuglio di contro verità che furono le indagini seguite alla strage del 1992 partendo da una parola: “Solara” che non è affatto un’invenzione degli autori, ma un elemento di grande rilevanza investigativa perché introduce, anche se con un nome diverso da quello vero, l’anello di congiunzione fra la strage di via d’Amelio e la nascita di quella che oggi si definisce Seconda Repubblica.
Patrick Fogli, Ferruccio Pinotti
NON VOGLIO IL SILENZIO
Piemme, pagine 539
16,58 euro anziché 19,90 su Internetbookshop
Non c’è limite a quello che si può scoprire quando si perquisiscono a fondo le pieghe della storia. Questo libro-inchiesta di Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella, basato sui documenti, ora non più secretati, conservati negli archivi londinesi di Kew Gardens, offre una chiave di lettura inimmaginabile di molti eventi mai del tutto chiariti come, per esempio, il delitto Matteotti avvenuto nel 1924, l’incidente aereo che costò la vita a Enrico Mattei nel 1962 e l’assassinio di Aldo Moro nel 1978. Ma il suo pregio maggiore è quello di aver sfatato il grande mito-inganno che ha animato le turbolenze degli anni ‘60, ‘70 e ‘80 e che ancora oggi sopravvive. E cioè, la convinzione che si debbano agli americani e alle loro agenzie per gli affari sporchi, la CIA in testa, gli eventi nefasti che hanno insanguinato l’Italia dal dopoguerra a oggi. Ebbene, non Washington o, almeno, non solo Washington, avrebbe tramato, complottato, manipolato i media, destabilizzato a colpi di bombe, di attentati, di omicidi, per rendere sempre più instabile la nostra democrazia. I veri responsabili andrebbero ricercati non al di là dell’Atlantico, ma Oltremanica. Stando alle carte, sembrerebbe infatti che sia sempre stata l’Inghilterra a tenerci al guinzaglio. Dalla nascita dello Stato unitario in poi, la “perfida Albione” avrebbe sempre avuto un ruolo fondamentale nelle vicende politiche italiane, interne ed estere. Soprattutto, avrebbe pilotato i passaggi cruciali della nostra storia.
«Ogni volta che gli italiani hanno provato a decidere del proprio destino, gli inglesi sono intervenuti», ha spiegato in un’intervista l’editore di Chiarelettere, Lorenzo Fazio, durante la presentazione del libro. E, infatti, dai documenti desecretati che i due autori hanno consultato, tutti i governi inglesi, dal dopoguerra a oggi, hanno sempre mantenuto in vita un apposito dipartimento del Foreign Office col compito di impedire che l’Italia potesse diventare una democrazia matura e autonoma, capace di realizzare una vera alternanza al potere delle coalizioni politiche. Questo è accaduto per due ragioni. La prima si chiama Petrolio e non occorre dire altro. La seconda riguarda invece l’invincibile avversione degli inglesi, che hanno perso le colonie ma non la mentalità conservatrice, nei confronti del comunismo. Dunque, bombe, attentati, moti di piazza, manipolazioni dei media e tutti i più funesti accadimenti della prima repubblica e della cosiddetta seconda repubblica, compresi l’assassinio di Aldo Moro, Tangentopoli e l’avvento al potere di Berlusconi, ogni volta messi in conto alla Cia, in realtà avrebbero avuto un’altra, insospettabile matrice e tutto sarebbe stato messo in atto allo scopo di tenere le sinistre lontane dall’area di governo.
Quinte colonne e spioni, terroristi, politici corrotti, intellettuali e giornalisti manipolatori, trame massoniche… Ecco perché da noi non hanno mai avuto molto successo le spy story. Perché nel nostro Paese la realtà dei fatti ha sempre superato di gran lunga la fantasia.
Mario José Cereghino, Giovanni Fasanella
L GOLPE INGLESE. Da Matteotti a Moro: le prove della guerra segreta per il controllo del petrolio e dell'Italia.
Chiarelettere, 354 pagine
13,60 euro anziché 16,00 su Internetbookshop
La droga uccide e non solo per gli effetti che ha sull’organismo. Gran parte dei decessi che costellano la filiera della cocaina, a partire dalla coltivazione dell’Erythroxylon coca in Sudamerica fino allo spaccio nelle città europee, sono dovuti a omicidio e l’intero circuito è un vero e proprio percorso di guerra disseminato di cadaveri. In questo libro-dossier il giornalista Andrea Amato ha riversato i risultati di un’inchiesta durata quasi tre anni durante i quali si è spostato dalla foresta colombiana a certi paesini dell’Aspromonte, oggi considerati la nuova Medellin.
Inseguendo trafficanti e pusher, spacciatori e utilizzatori finali, l’autore è arrivato fino al cuore dello spaccio, scoprendo che Milano è un crocevia del narcotraffico di importanza mondiale, un centro di smistamento e una piazza di spaccio quasi più famosa e frequentata di Amsterdam grazie al numero abnorme di spacciatori e ai controlli quasi inesistenti. Tanto per dire: in una via del centro c’è un vecchio palazzo nel cui cortile chiunque, per poche decine di euro, a qualsiasi ora, può rifornirsi di palline di stagnola, di bustine e di pasticche. Altra scoperta importante: la cocaina, percepita fino a ieri come droga dei ricchi, in realtà dilaga ovunque, nei quartieri alti come nelle periferie degradate, perché chi gestisce il traffico, ovvero i boss della ‘ndrangheta, un giorno ha deciso che diventasse strumento per lo sballo di massa. Questo, sommato alla grande versatilità della sostanza stessa che si può pippare, iniettare, assaggiare, fumare, potenziare con sostanze diverse, ha sepolto le città dell’Occidente, particolarmente Milano, sotto una coltre di neve così abbondante da inquinare la falda freatica.
Un libro duro, che sfata diverse convinzioni e apre una finestra su un universo poco sconosciuto e ancora più pericoloso delle foreste in cui la coca viene coltivata: la ‘Ndrangheta, l’organizzazione criminale che nel silenzio, grazie a complicità di ogni genere, spesso inconsapevoli, talvolta estorte con le minacce, ma in larga misura spontanee e consapevoli, negli ultimi anni si è affermata come la mafia più potente, più spietata e più ricca del pianeta.
Andrea Amato
L'IMPERO DELLA COCAINA. Dalla Colombia all'Italia fino all'Europa e agli Stati Uniti: viaggio in presa diretta nel traffico dell'oro bianco
Newton Compton, pagine 213, € 9,90 Al momento disponibile solo in ebook a 4,99 euro a questo indirizzo:
La mafia esiste e in Lombardia nuota felice come una ranocchia nello stagno. Questa semplice realtà veniva negata fino a ieri con caparbia ostinazione dalle giunte del Comune di Milano e della Regione, tanto è vero che nel maggio scorso, poco prima che le elezioni amministrative permettessero un cambio della guardia a Palazzo Marino, una delibera del centro destra aveva affossato definitivamente la Commissione Antimafia faticosamente costituita pochi mesi prima per indagare sul rischio di infiltrazioni mafiose negli appalti per l’Expo. Fortunatamente, oltre ai magistrati che fanno il loro dovere, esistono anche giornalisti coraggiosi come l’autrice di questo libro, disposti a rischiare la vita per andare a verificare di persona le ‘verità ufficiali’ e poi raccontarle. Marta Chiavari, giornalista di La7 ha condotto la sua inchiesta sul campo e il risultato lascia sgomenti: a quanto pare la Lombardia non ha nulla da invidiare alla Sicilia e all’Aspromonte.
Dunque, appurato che la mafia al Nord non è affatto un’invenzione di chi vorrebbe screditare la terra del lavoro, tanto vale conoscerla da vicino là dove è più forte, più radicata, più operativa e più nascosta: nel Milanese, nel Pavese, in Brianza, nel Lecchese… Province conquistate nei primi anni ’60 dai boss inviati al confino, che cominciarono a fare affari con i trafficanti di droga turchi e oggi trattano direttamente con i narcos colombiani, dove i costruttori, titolari di subappalti, accettano di smaltire i rifiuti tossici disperdendoli lungo le autostrade in costruzione, dove imprenditori onesti vengono scippati delle loro aziende ‘zitti e mosca’, dove può capitare che un giovane di origini calabresi nato e cresciuto in Brianza venga richiamato nella terra di origine per essere riconvertito in killer.
La quinta mafia è appunto la mafia lombarda, quella che negli ultimi decenni si è nutrita dai luoghi comuni del ‘laura’, del Milan l’è un gran Milan’, dei ‘danè’ e, crescendo nel silenzio e nella distrazione di chi avrebbe dovuto vigilare e non l’ha fatto, ha messo robuste radici in un tessuto sociale sano ma fertile. La quinta mafia è un’organizzazione criminale proteiforme che nel tempo si è perfettamente mimetizzata grazie al fatto che non ha caratteristiche proprie ma ha fatto sue quelle di tutte e quattro le mafie doc: cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra e sacra corona unita, con cui spartisce il territorio. Questa è questa la conclusione a cui è arrivata l’autrice di questo libro semplicemente mettendo in fila vittime del Sud e lombardissimi carnefici, con le loro storie, i loro compromessi, i soprusi, i piccoli eroismi, gli affari sporchi e quelli al limite estremo della legalità. Una rassegna davvero noir, presentata con uno stile fluido e leggero ma molto incisivo, dalla quale può finalmente nascere una nuova consapevolezza sociale, primo step per una lotta dal basso che sia veramente efficace
Marta Chiavari
LA QUINTA MAFIA. Come e perché la mafia al Nord oggi è fatta anche da uomini del Nord
Ponte alle grazie, pagine 243
11,90 euro anziché 14,00 su Internetbookshop
Ci vorrebbero far credere che stiamo assistendo alla fine della seconda Repubblica. Non è vero. La seconda Repubblica non è mai nata e quella che oggi sembra disgregarsi è la coda della prima. Questa è la conclusione a cui si arriva dopo aver letto questo libro che ripercorre, come spiega il sottotitolo, Trent’anni di politica e affari all’ombra di Berlusconi. La storia della P2 e dei suoi affiliati si intreccia infatti a quella dei Servizi per nulla deviati, guidati da uomini pronti a tutto pur di impedire alle sinistre parlamentari, cioè a un terzo abbondante dell’elettorato, l’accesso all’area di governo per attuare quell’utopia democratica chiamata “compromesso storico” che costò la vita ad Aldo Moro. Da questo abbraccio al veleno è scaturito di tutto: stragi, il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, scandali finanziari, omicidi efferati travestiti da suicidi, rapporti politici e d’affari che hanno spartito il potere e la ricchezza nazionale fra i pochi che continuano a tenerseli ben stretti, tragiche alleanze con la malavita organizzata e infine, per coprire ogni traccia, insabbiamenti e depistaggi.
Questo libro non vuole riproporre la storia della loggia coperta Propaganda 2. Semplicemente si limita ad allineare gli episodi oscuri che hanno costellato oltre tre decenni di storia attraverso un paziente lavoro di recupero della memoria che svela come gli affiliati a quella che Gelli chiamava "l'Istituzione" siano sopravvissuti agli scandali degli anni '80 e abbiano trovato lavoro, aiuto, protezione, potere e denaro all’ombra dell’impero di Berlusconi. Basterebbe scorrere gli elenchi sequestrati a Castiglion Fibocchi il 17 marzo 1981 per convincersi che molti Fratelli sono ancora ai vertici, mentre le vicende giudiziarie dell’estate 2010, che hanno visto coinvolti esponenti altolocati del Pdl, confermano che gli antichi rapporti non si sono mai allentati e che, nonostante lo scioglimento, decretato dalla Legge 25 gennaio 1982, n. 17, la P2 è ancora attiva e sopravvive nelle sue emanazioni P3 e P4.
Marco Marsili
DALLA P2 ALLA P4. Trent'anni di politica e affari all'ombra di Berlusconi
Termidoro Edizioni, 397 pagine, 18 euro
Un’analisi lucida e spietata dei mali che affliggono il nostro paese: dalla criminalità organizzata all'evasione fiscale, dal lavoro nero alle morti sul lavoro, dalle piccole, grandi e grandissime truffe, ai crac finanziari che oltre a danneggiare singoli cittadini gravano sulla nostra economia, devastandola. Questo libro-inchiesta rispecchia fedelmente lo stato delle cose nel nostro Paese fornendo, a chi ha orecchie per intendere, un’indicazione precisa: è perfettamente inutile inseguire il debito pubblico, lo spread e le pagelle delle agenzie di rating con manovre finanziarie che drenano il denaro dei cittadini di tutte le fasce sociali e costringono la gente a ridurre i consumi aggravando di fatto la crisi. Quello che realmente occorre all’Italia è una nuova coscienza sociale, ovvero un senso della legalità più diffuso. In altre parole: serve un cambio di mentalità. Senza questo, ogni iniziativa che penalizzi i soggetti virtuosi può solo contribuire ad arricchire i disonesti rafforzandoli nella convinzione che rubare, evadere, truffare, colludere et similia sia un diritto sancito dalla distrazione dei legislatori, che non hanno previsto leggi sufficientemente severe per contrastare seriamente l’illegalità. Perché, crisi o non crisi, in Italia le ricchezze ci sono e quest’inchiesta, che si legge come un thriller per nulla appesantito dalla ricca documentazione corredata di dati, cifre, carte ufficiali e quant’altro, spiega dove sono nascoste le ricchezze, come vengono accumulate e cosa si potrebbe fare per stanare chi le detiene illecitamente a danno di tutti, chi le utilizza per fare concorrenza sleale, chi le ricicla immettendole nei circuiti finanziari leciti, chi se ne serve per campagne elettorali a favore di candidati amici i quali, una volta eletti, ricambieranno il favore in mille modi, tutti illeciti.
Il quadro che emerge dai dati forniti dall’autrice è molto chiaro: i buchi che hanno portato il nostro Paese sull’orlo del baratro sono qui, sotto gli occhi di tutti. Sforziamoci almeno di vederli o la crisi finirà davvero per travolgerci.
Nunzia Penelope
SOLDI RUBATI
Ponte alle Grazie, pagine 335
12,41 euro anziché 14,60 su Internetbookshop
La mattina del 27 febbraio 1958, un giovedì, alle 9.30 il furgone blindato della Banca Popolare di Milano percorreva pigramente via Osoppo incolonnato nel traffico mattutino. Aveva quasi completato il giro delle agenzie ed era pieno come un uovo di soldi e di valori. Via Osoppo, allora come oggi, era un budello intasato a tutte le ore e vicinissimo all’imbocco delle autostrade. Il luogo ideale per un agguato. Eppure né l’autista, né il commesso della banca seduto al suo fianco, né l’agente di Pubblica Sicurezza sistemato dietro col mitra sulle ginocchia avevano mai fiutato nell’aria odore di pericolo. Anche quel mattino erano tranquilli. Ancora un paio di agenzie da visitare e il blindato sarebbe rientrato in sede. Tutti e tre non vedevano l’ora che quella mattinata, così fredda, umida, grigia e soprattutto così noiosa, terminasse. Nessuno di loro avrebbe immaginato che di lì a pochi secondi il furgone sarebbe stato assaltato in modo tanto spettacolare quanto chirurgico e che i loro nomi sarebbero finiti sui giornali per settimane, associati a quella che fu definita “la rapina del secolo”: seicento milioni di lire in contanti, arraffati senza far male a nessuno.
Questo romanzo ripercorre quattordici anni di malavita milanese partendo proprio da quell’assalto che, in un certo senso, fa da spartiacque fra i crimini della vecchia ‘ligera’, sicuramente meno romantica e ‘galantuoma’ di quello che avrebbero voluto far credere le ballate di Fausto Amodei, Nanni Svampa e Fiorenzo Carpi, ma tutto sommato meno feroce delle bande che vennero dopo, che assaltavano, rapinavano e soprattutto uccidevano. Francis Turatello ‘Faccia d’angelo’, Angelo Epaminonda e i suoi ‘indiani metropolitani’, Pietro Cavallero, Renato Vallanzasca ‘il bel René’, succeduti a via Osoppo, forse galvanizzati proprio da quel bottino pazzesco che aveva alzato il livello della cupidigia, diventarono i protagonisti sanguinari degli anni che seguirono. Anni “calibro 9”, durante i quali la vita notturna di Milano annegò in laghi di champagne anche se i tappi che saltavano furono infinitamente meno numerosi dei colpi sparati nelle strade, nelle banche, dentro i night club. Dal 58 al ’72, proprio negli anni del boom, Milano fu insanguinata da rapine e regolamenti di conti come la Chicago degli anni ’20. Perché la ricchezza c’era, si vedeva, si annusava, ma non era per tutti. Anni cruciali, che prelusero eventi terribili.
In questo romanzo “non fiction”, basato su una rigorosa documentazione, l’autore, non solo ricostruisce l’epopea criminale meneghina che sta a monte dei grandi eventi che hanno sconvolto l’assetto sociale del nostro Paese e sono ormai storia, ma fa rivivere, con realismo e disincantata nostalgia, quegli anni magici e terribili, pieni di violenza e segnati dal passaggio di farabutti così pieni di carisma da essere scambiati per eroi. Ma soprattutto pieni di sogni e di desideri mai appagati, destinati a spegnersi nel sangue delle stragi e della violenza politica.
Paolo Roversi
MILANO CRIMINALE. Il romanzo
Rizzoli, pagine 432
16,07 euro anziché 18,90 su Internetbookshop
Roma è una città molto complessa. Fin dall’antichità ha sempre avuto diverse anime che il luogo comune ha spesso fuso in quella benevola e simpaticamente gaglioffa del ‘volemose bene’. La realtà è molto diversa. Roma è la città delle tre P: potere religioso, potere politico e potere criminale. Una triade pericolosa che negli anni ha affinato sempre più l’arte del mimetismo imparando a convivere con la cittadinanza perbene che ovviamente costituisce il corpus dell’Urbe e, a differenza di quanto avviene altrove in Italia, non ha alcuna responsabilità.
Mafia, camorra, ’ndrangheta, Banda della Magliana, triadi cinesi, clan russi, gangster internazionali, apparati più o meno deviati dello Stato, golpisti, politici corrotti, affaristi senza scrupoli, lobby economiche, killer infallibili, poveracci pronti a tutto. Sono questi gli argomenti affrontati dall’autore in questo libro-dossier. Un intreccio di interessi criminali, che si muovono senza scrupoli sul backstage della vita civile, così radicati con essa che solo con inchieste precise, mirate e approfondite si possono intravedere. Infatti, benché la capitale sia spesso teatro di delitti tanto efferati quanto inspiegabili, senza una ricerca che risalga a monte dei singoli episodi, senza la volontà di mettere i fatti uno in fila all’altro per vedere l’intero disegno criminoso nella sua complessità, ogni accadimento, dopo l’inevitabile ondata di sdegno suscitata dai titoli sui media, viene accettato dalla collettività con rassegnazione, quasi come se fosse l’inevitabile effetto collaterale del privilegio di vivere in una grande capitale. Troppo facile incolpare di tutto le periferie degradate, le borgate a ridosso del raccordo anulare, gli insediamenti fai-da-te in riva al Tevere, gli immigrati senza documenti, i rifugiati politici costretti a vivere in baracche a Tor Vergata, senza tener conto dell’altra Roma, quella delle stanze silenziose del centro nelle quali vengono scambiati favori e mazzette, dove si decide la sorte di centinaia di persone che non hanno armi per opporsi alla distruzione del loro quartiere, allo sfratto improvviso, al licenziamento senza giusta causa. Stanze ovattate da tappeti persiani e illuminate da meravigliosi lampadari, dove uomini in giacca e cravatta, circondati da un lusso inimmaginabile dalla gente comune, con un clic spostano e riciclano capitali illeciti, fanno affari con i narcos, vendono e acquistano armi e materiale nucleare, commerciano in donne, bambini e nuovi schiavi. Proprio lì, a due passi dal Vaticano, in appartamenti di valore inestimabile e nelle favolose suite degli hotel più costosi del mondo.
Yari Selvetella
ROMA L'IMPERO DEL CRIMINE. I padroni e i misfatti della capitale
Newton Compton, pagine 384
8,42 euro anziché 9,90 su Internetbookshop
I lettori lo conoscono come Antonio Salas scrittore spagnolo, ma il nome vero è un altro come altre sono la nazionalità, il colore dei capelli e quello degli occhi. Questi camuffamenti sono indispensabili perché Antonio è un giornalista d’indagine che ha scelto di lavorare sotto copertura infiltrandosi nei gruppi più feroci del mondo. L’infiltrato (titolo originale El palestino), la sua terza, pericolosissima, inchiesta dopo quelle condotte fra i naziskin e i trafficanti di merce umana, è una scommessa con la morte perché sotto l’identità fittizia di Muhammad Ali Tovar Abdallah Abu Aiman detto al-Falistini (il palestinese), Salas si è infiltrato nei gruppi fondamentalisti islamici più feroci del mondo che predicano la jihad e combattono con autobombe e guerriglieri suicidi. In altre parole: è entrato, lui occidentale e cristiano, in contatto con i burattinai che muovono i fili del terrorismo islamico internazionale.
Vocazione interessante e sommamente affascinante quella dell’infiltrato. Ma ci sono infiltrati e infiltrati. Gli agenti dei corpi speciali e dei servizi che lavorano sotto copertura hanno alle spalle apparati che li tutelano anche se spesso non bastano a impedire che vengano scoperti e uccisi per un banalissimo errore, un lapsus. Invece il reporter che s’infiltra al solo scopo di raccogliere informazioni per un’inchiesta giornalistica non ha nessuno che lo protegga. E non ha neppure la copertura istituzionale nel caso che fosse costretto a commettere reati. Ci vuole coraggio per giocarsi la vita al solo scopo di ottenere informazioni da riversare in un libro. Coraggio e spirito di servizio, perché alla fine le informazioni raccolte così pericolosamente non sono destinate soltanto ai lettori che amano le sensazioni forti, ma anche e soprattutto alle forze dell’ordine, agli organismi internazionali per la sicurezza e la repressione del crimine, che possono servirsene per sgominare bande, smantellare organizzazioni pericolose, disinnescare le bombe a orologeria del terrorismo mondiale. Resta il fatto che Antonio Salas, come tanti colleghi (fra i quali ricordiamo il nostro Fabrizio Gatti che infiltrandosi fra gli immigrati senza permesso di soggiorno ha fatto luce sullo scandalose condizioni dei centri di permanenza temporanei) quando lavora sotto copertura è solo. Non ha referenti. Nessun collega che possa soccorrerlo. Nessun superiore che possa assumersi la responsabilità di eventuali azioni criminose che fosse costretto a commettere per non far saltare la copertura. La sua unica risorsa nelle situazioni estreme è la capacità di manipolare chi gli sta attorno fino a fargli credere che un dato crimine non deve essere commesso per il bene della stessa organizzazione. Se non ci riesce, è morto.
L’Infiltrato è un documento straordinario che apre una finestra su due mondi quasi del tutto sconosciuti: quello del giornalismo d’indagine, professione che che negli ultimi anni è stata ingiustamente denigrata e svilita, e quello della jihad combattuta contro l’Occidente con armi impari per l’assoluto disprezzo che i guerriglieri islamici, animati da fanatismo religioso ma in realtà al servizio delle grandi potenze economiche mondiali, nutrono nei confronti della vita umana, a cominciare dalla propria.
Antonio Salas
L'INFILTRATO. Una storia vera
Newton Compton, pagine 600
8,42 euro anziché 9,90 su Internetbookshop.it